LISBONA e dintorni
 

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SETTEMBRE 2015 / Itinerario: Lisbona - Sintra - Cabo da Rocas - Cascais - Estoril

12 settembre


Il volo Ryanair atterra con una decina di minuti di anticipo rispetto all'orario previsto, sono da poco passate le 11. 30 ora locale, sono in Portogallo, a Lisbona. All'uscita dell'aeroporto è una delle più lunghe come percorso che io ricordi, ma dopo avere attraversato decine e decine di negozi e duty free, arrivo all'uscita: la fermata della metropolitana è proprio qui, giusto il tempo di orientarmi con le mappe e le fermate e arriva il piccolo treno da della linea rossa; una ventina di minuti di viaggio per poi incrociare la linea verde, altre due fermate rispunto in superficie a pochi passi dalla che sta causa prenotata dall'Italia, Mar dos Acores, in Rua Bernardin Ribeiro 14, facilmente riconoscibile dalla vistosa insegna bianca e verde. È ancora presto per il check in in della Camera, così lascio la borsa e, armato della mia inseparabile macchina fotografica, comincio da subito la scoperta della antica capitale portoghese, costruita su sette colli e dominata dai resti del castello moresco di Sao Jorge. Sono nella parte alta della città, dopo essermi perso in stretti e disordinati vicoli dai marciapiedi acciottolati, in un continuo di ripide salite e discese, arrivo in largo doccia armo; c'è una piccola piazza con alberi secolari e tavolini all'aperto di un paio di bar, un uomo dall'aspetto zigano suona la sua fisarmonica per i turisti, rendendo l'atmosfera ancora più suggestiva, quasi di altri tempi. Scendo la scalinata davanti all'ingresso di quello che fu il Convento do Charmo, risalente al 1389: pago l'ingresso di 3,50€ e una volta varcato l'anonimo portone in legno, mi ritrovo in quella che fu la navata centrale, ovvero il suo scheletro, rimasto tale dal violento terremoto che distrusse la città il 1 novembre del 1755. Da allora il convento non fu mai più ricostruito, i suoi resti testimoniano la violenza del sisma. Guardare dal basso i nudi archi a volta di colore bianco che si stagliano nel cielo blu è davvero suggestivo. L'intero sito in realtà è suggestivo, con le sue rovine e una piccola sala al coperto ricca di lapidi, statue e arricchita da pannelli barocchi di azulejos, le tipiche piastrelle lusitane di ceramica smaltata dalle tonalità azzurre. Per fortuna qui di turisti ce ne sono pochi, al contrario di fuori, dove interi gruppi con accompagnatori sia girano per la città. Costeggio il lato destro del convento una volta uscito da esso e mi ritrovo in uno dei tanti punti panoramici della città, dove la vista a 360°, sulle sue case dai colori chiari e tetti dalle tegole arancio mattone, le strette vie e le mura e lontananza del castello di Sao Jorge sul quale sventola una grande bandiera del Portogallo, è davvero sublime! Approfitto della bellissima giornata e di questo cielo blu intenso per continuare a camminare passando dalla centrale Rossio, una piazza acciottolata con i motivi disegnati sui sampietrini che riproducono delle onde, identiche a quelle della più famosa Copacabana di Rio de Janeiro in Brasile; alle due estremità della piazza, due grandi fontane con statue di sirene e acqua zampillante, è al centro la statua di Don Pedro IV, primo imperatore del Brasile in epoca coloniale. Anche la vicina piazza di Figueira è ampia anche se meno animata, circondata da vecchie case dalle facciate malconce ma ricche di un fascino unico e decadente. Da qui le strade scendono perpendicolarmente verso il fiume Tago che bagna la città; percorro la pedonale Rua Augusta, tra vetrine di negozi, qualche artista di strada e tanti elemosina antiche stridono con i pieni ristoranti e locali che con i loro tavoli all'aperto riempiono la parte centrale della strada. Poche centinaia di metri che sono in quello che è il centro di Lisbona, un centro geograficamente decentrato, essendo sulla riva del fiume, ma è comunque il cuore pulsante della città: Praca do Commercio. "... Lisbona, anche vista in lontananza, sorge come una bella visione di sogno, stagliata contro un cielo azzurro splendente che il sole allieta con il suo oro. E le cupole, i monumenti, gli antichi castelli appena al di sopra dell'insieme di edifici, sono come lontani araldi di quel luogo delizioso, di quella regione benedetta". Così lo scrittore portoghese Ferdinando Pessoa descrive la sua città nella sua guida turistica, una delle prime della storia, antenata della Lonely Planet, datata 1925! E non c'è migliore descrizione per questa immensa piazza circondata da edifici coloniali di colore giallo, ed alla quale si accede da una maestosa e l'imponente arco di trionfo, l'Arco do Vitoria realizzato in marmo bianco e arricchito da statue di angeli e personaggi della storia lusitana come Vasco da Gama. È davvero ampia la piazza, al suo centro c'è una grande statua equestre di Don José I e di fronte a lei le acque del Tago, il cui ampio letto quasi lo fa assomigliare ad un mare. Come in tutti i luoghi turistici del mondo, la fauna umana è la più variegata: tanti turisti, gruppi, coppie o solitari, facilmente riconoscibili dagli sguardi ammaliati curiosi, dagli autoscatti più improbabili fatti con i bastoni porta cellulare, elevate in mano, poi la gente del posto, chi di passaggio, che è in fase romantica abbracciati sul muretto del lungo fiume, che solitario nei suoi pensieri seduto sul minuscolo lembo di sabbia, che sono di passaggio... E un buffo viaggiatore non meglio identificato che tra gli sguardi attoniti di un paio di passanti, cerca di far stare in piedi un piccolo Puffo blu con lo zaino, per fargli una foto con lo sfondo della piazza. È ora di risalire per tornare alla guesthouse che dista da qui meno di mezz'ora di tortuose salite; ora posso fare il check in, ho la mia semplice e tranquilla camera dotata anche di comodo lavandino interno. Il tempo di una sistemata e sono di nuovo in cammino. Scendo lungo l'ampia Avenida da Liberdade, un ampio viale alberato nel centro, è lungo il quale c'è qualche bancarella artigianato locale (sardine e galli, due dei singoli locali raffigurati in ogni modo) oltre ad un piccolo mercatino di oggetti usati. Arrivo in largo Martim Moniz, capolinea del piccolo il famoso tram giallo numero 28, icona della città, come si intuisce chiaramente dalla lunga fila di persone in attesa alla fermata. C'è uno spettacolo folcloristico, uomini donne e anche due bambini si esibiscono vestiti con costumi tradizionali in canti e balli; mi fermo un po' ad ascoltarli, poi prosegue nel mio cammino in direzione del quartiere di Alfama, arrivando in breve alla facciata della Cattedrale di Se, con le sue due torri gotiche con al centro un grande rosone, assomiglia molto a Notre Dame. L'interno è piuttosto semplice, ma da fuori la sua posizione in cima ad una stretta curva dalla quale passano i binari del tram 28, rendono questo angolo davvero bello e suggestivo. Peccato per il continuo via vai di Tuk Tuk, le Ape Piaggio riadattate per i turisti e guidate da giovani ragazzi e ragazze, onnipresenti in ogni quartiere. Io continuo ad inerpicarmi su, tra strade e vicoli che sono un mix tra il trasandato e l'affascinante: casette con fuori le gabbie degli uccellini e i panni stesi, il sole che sta calando, e la musica di fado che comincia a sentirsi fuoriuscire dai ristoranti oltre che dalle botteghe, questa è l'Alfama! Arrivo sempre a piedi fino all'ingresso del castello, ma è tardi e non voglio fare tutto di corsa, ci tornerò. Scendo fino al lungofiume, meno elegante in questo punto rispetto a Praca do Commercio ma non meno suggestivo, con le facciate decadenti delle case, abbellite dalle bouganville in fiore. La città viene illuminata dalla suggestiva luce delle grandi lanterne in ferro battuto. Mi fermo a cenare sui tavoli all'aperto di uno dei tanti ristoranti presenti, con un buon menu del dia fatto di zuppa di verdure, baccalà fritto, accompagnato con banane sempre fritte, e servito da attempati camerieri vestiti da marinai. Ora che il sole è tramontato soffia un leggero e fresco venticello; Praca do Commercio illuminata sembra una principessa in abito elegante da sera, ma è soprattutto la Cattedrale di Se che a quest'ora da' il suo meglio: non ci sono più né turisti né Tuk Tuk, il chiostro che vende limonate è deserto tanto che la giovane ragazza armeggia distratta con il cellulare, io scatto foto a ripetizione in attesa di quella perfetta al passaggio del tram 28. Si fa tardi, è solo la prima di quattro giornate, eppure vuoi l'entusiasmo dell'arrivo e le distanze accessibili, ho visto già molto più di quanto mi ero prefissato. Risalgo lungo le vie della città uscendo dal centro, ma c'è spazio per un'ultima inaspettata sorpresa... Sto camminando accanto ad un giardinetto in una zona poco illuminata, ci sono tre giovani, due ragazzi per una ragazza che suonano rispettivamente una tromba, una fisarmonica ed un contrabbasso, musica lieve... Di fronte a me invece sembra arrivare una piccola processione di persone con alla testa delle donne vestite da streghe che sorreggono lunghi bastoni con in cima delle torce rudimentali. Si fermano qui, le donne indicano ai pochi casuali presenti di passaggio e a chi le seguiva, di disporsi a cerchio attorno ai tre musicisti che continuano a suonare; spunta un ragazzo improvvisamente tra i rami degli alberi, appeso dalle gambe, che si destreggia come una scimmia... E ancora altri tre uomini una bambina tutti vestiti da lupi ed elfi; sono artisti di strada, inscenano senza mai parlare una storia, balli, ululati con lieve sottofondo di musica. Nessuna parola, forse la rappresentazione di una favola, di sicuro una piacevole ed inconsueta sorpresa; poi la bambina vestita da lupo viene issata dai quattro uomini su un asse di legno che portano sulle spalle, le donne con le lanterne li seguono e continuano il cammino all'improvviso lungo le strade, con la scia di processione di curiosi al seguito che mano a mano si ingrossa. Magica e misteriosa questa notte di lupi ululanti.


13 settembre


Ore 8.00 di una domenica mattina di fine estate, Lisbona sembra dormire ancora, le sue strade acciottolate sono deserte, ci sono persino dei galli insieme alle papere in uno dei giardinetti cittadini, mentre il sole con la sua luce magica di quest'ora, fa capolino da dietro i colli illuminando le mura del castello e le facciate delle vecchie case dai colori pastello. Passo da Largo M. Moniz! popolato a quest'ora solo da due anziani cinesi intesi a fare Tai Chi, poi proseguo lungo la centrale Rua Augusta mentre i camerieri cominciano a sistemare in tutta calma i tavolini all'aperto, per arrivare poi nuova mente all'immensa Praca do Commercio. Da qui comincio a seguire il corso del fiume Tago, lungo la pedonale e ciclabile via che arriva all'estremità occidentale della città, fino al quartiere di Belem. C'è qualcuno che fa jogging, qualcuno va in bici; la strada è lunga fin troppo: passa accanto ad una zona di cantieri navali, semi deserta, giusto qualche giovane coppia che vaga post sbronza fuori dai locali discoteca ormai chiusi da un pezzo. Cammina e cammina arrivo a passare sotto il lungo ponte stradale e ferroviario XXV April, un'imponente struttura in ferro di colore rosso somigliante in tutto e per tutto al più famoso Golden Gate di San Francisco. Strada facendo aumenta il numero di chi corre e pedala, c'è anche qualche improvvisato pescatore seduto a guardare le sporche acque del Tago in attesa di qualche buona notizia dalla sua canna da pesca. Finalmente in lontananza comincio vedere il mio traguardo… Ancora qualche decina di minuti di cammino e sono ai piedi dell'imponente monumento Padrao dos Descobrimentos, tributo all'epoca delle grandi scoperte, raffigurante tre alte vele con sotto le statue dei grandi esploratori dell'epoca d'oro portoghese, che guardano a prua verso l'Oceano Atlantico. Non distante arrivo a quello che è forse il monumento simbolo di Lisbona, la piccola torre bianca di Belém, una fortezza in miniatura affacciata sul Tago e riccamente decorata. Era qui che volevo arrivare, mentre ora i pullman dei turisti fanno fatica a parcheggiare. Mimetizzato fra loro, mi metto pazientemente in coda per l'ingresso al Monastero do Geronimo, anch'esso dalle facciate decorate in marmo bianco. Ho fatto giusto in tempo per scattare le foto con il sole e il tipico cielo blu intenso di Lisbona, infatti da qualche minuto si sta annuvolando. La coda per entrare scorre, mentre donne di etnia rom provano a vendere bracciali e foulard ai turisti. Arriva il mio turno alla biglietteria, pago i € 10 ed dentro: anche l'interno è ricco di spunti decorativi, cammino lungo i due livelli di corridoio sormontati da bei soffitti a volta che delimitano,formando un quadrato, uno spoglio cortile centrale. Nulla di più però, decisamente più interessante l'interno della adiacente chiesa Santa Maria di Belem dove faccio anche qui giusto in tempo ad entrare prima dell'inizio della messa, prima di venire gentilmente invitato ad uscire. Mi fermo a mangiare qualcosa qui in zona, sono indeciso se tornare prendendo il tram o a piedi, opto per questa seconda ipotesi, in fondo il cielo sembra essersi rasserenato, così riprendo la strada che costeggia il Tago stavolta in senso opposto. Mi pento però abbastanza in fretta della scelta, la strada è davvero tanta. Si è alzato il vento, le acque del Tago sono sempre più agitate, mentre locali affacciati su di esso ora pullulano di gente per il pranzo. Strana questa passeggiata che alterna tratti di locali pieni di vita ad altri spogli ed abbandonati tipici dei cantieri navali, frequentati solo da qualche gabbiano. Arrivo a Cais do Sodre dove c'è il terminal dei traghetti; ormai ci sono quasi, da qui un susseguirsi di locali con sdraio o bizzarre poltrone e furgoni di Street food, fino a Praca do Commercio non più deserta come l'avevo vista questa mattina. All'idea di affrontare le ripide salite fino alla guesthouse mi viene male. Poco dopo Rossio prendo un gelato da uno dei tanti chioschi, e mi siedo poco più in là su una panchina lungo Avenida da Liberdade. Sono le 15.30, comincia a piovere, una pioggia fitta quasi impercettibile, alla quale in molti fanno poco caso forse perché evento abbastanza raro e quindi non troppo fastidioso da queste parti. L'acido lattico dei miei polpacci mi ha messo alle corde, in questi due giorni, soprattutto oggi, ho macinato forse troppi chilometri, ma ne è decisamente valsa la pena. Ancora un ultimo sforzo e qualche salita per raggiungere il traguardo della guesthouse e dell'obbligato riposo defatigante.


14 settembre


Stessa ora di ieri, mancano pochi minuti alle otto, le strade in discesa verso la stazione ferroviaria di Rossio sono più frequentate rispetto a ieri, agli sportelli della stazione trovo poca coda e riesco in pochi minuti a caricare la tessera cartacea color verde valida per i trasporti urbani ed extraurbani, con il biglietto del treno per la località di Sintra: costo € 2,15. Il piccolo treno è già sul binario, così, convalidato il biglietto ai tornelli elettronici, salgo a bordo giusto un minuto prima che si chiudano le porte. 40 minuti ed ecco la stazione di Sintra, capolinea della corsa. Direttamente dall'autista acquisto il biglietto dell'autobus valido per tutte le stazioni fino a Cascais termine del giro che mi sono prefissato. La prima fermata è proprio dopo poche decine di metri, di fronte al Palazzo Nazionale di Sintra nel cuore della piccola cittadina; si tratta di un palazzo bianco in stile moresco risalente al 15º secolo, oggi patrimonio dell'Unesco. La sua caratteristica è rappresentata dai due alti camini a forma conica, usati all'epoca per fare fuoriuscire i fumi dalle cucine. Mi metto in coda, c'è nonostante sia presto una marea di turisti, a frotte di gruppi da 50 partecipanti con tanto di guida, età media 60 anni e più, un delirio! Muoversi nelle antiche stanze del palazzo risulta difficile, cosicché non me lo godo proprio appieno, eccezion fatta per la sala dos brasbes di forma ottagonale e completamente rivestita da azulejos. Con tutta questa gente è impossibile godersi la visita... Così riprendo l'autobus che inizia a salire lungo una serie di stretti tornanti, fino a scendere alla stazione successiva, quella per il Castello de Laos Morros: qui per fortuna la situazione è ben diversa, turisti si, ma decisamente meno e nessun gruppo vacanza! Dalla fermata un sentiero acciottolato in mezzo alla fitta vegetazione sale per 400 m fino alla biglietteria, non c'è neanche coda da fare, acquisto biglietto per 8€ ed dentro. Ciò che rimane dell'antico castello costruito durante la dominazione araba intorno alla 10º secolo, sono le lunghe mura difensive, perfettamente conservate come le torrette di avvistamento collegate tra di loro da ripide scalinate in pietra, forse questo il motivo perché qui vengano in pochi. Il panorama dall'alto di quest'antico forte, spazia su tutta la valle sottostante, è superlativo, lo sguardo arriva fino all' Oceano. Svettano al vento vessilli arabi e lusitani, c'è poco rumore, un sito suggestivo che mi fa viaggiare con la mente a quell'epoca di conquiste e difese. Mi fermo in questa tranquillità a mangiare un boccone, dopodiché esco ad attendere il passaggio del prossimo autobus, stavolta per farmi lasciare dopo pochi minuti di altra strada in salita, al Palazzo de Pena: non c'è la folla di Sintra ma neanche la tranquillità del castello. Dalla biglietteria stavolta un ampio sentiero in pavé contornato da aiuole fiorite, sale per qualche centinaio di metri, fino ad arrivare ai piedi di quello che sembra essere un castello moresco appena uscito da una fiaba: torri e pareti dai colori pastello vivo, dal giallo al rosso all'azzurro, sembra finto, di marzapane, ma imponente al tempo stesso visto dal basso. È situato in cima ad una collina e circondato da un ampio e tranquillo bosco, con sentieri segnalati che lo percorrono tra imponenti platani e cipressi, fino ad arrivare a cinque piccoli laghetti pieni di pesci, papere, e due grandi cigni neri. Esco e torno fino a Sintra per cambiare autobus, uscendo dal classico tour circolare della zona, per arrivare dopo una quarantina di minuti di strette strade fra piccoli paesi con case bianche e tetti di tegole rosso mattone, a Cabo de Rocas. Cabo de Rocas, la fin d'Europa, il punto più ad ovest del vecchio continente! Già solo questo trasmette un fascino unico ed un piccolo motivo di orgoglio nell'esserci arrivato, anche se ammetto che me lo immaginavo più solitario, più contemplativo come luogo, invece i turisti ci sono. Un'alta croce indica il punto, dall'alto del promontorio con l'Oceano giù in basso che agita le sue acque creando enormi onde che si infrangono violente contro la scogliera. Scorci mozzafiato, vertiginosi; cammino fin sotto al faro, la cui sommità color rosso fa da contrasto col bellissimo blu del cielo, con le strisce di nuvole bianche che il forte vento continua a spostare regalandomi scorci fotografici unici. Avrei voluto contemplare questo luogo fino al tramonto, ma non c'è un vero posto solitario dove sedersi ed aspettare, così vago per un po' avanti e indietro cercando angoli ed inquadrature diverse, prima di riprendere l'autobus diretto Cascais. Tutto intorno i promotori sono ricoperti da bassa vegetazione che si interrompe dove la nuda roccia scende di qualche centinaio di metri fino alle agitate acque oceaniche. Arriva l'autobus, ultima tappa la cittadina di mare di Cascais; il tratto è breve, la fermata è proprio a pochi passi dalla frequentata spiaggia sabbiosa: peccato che sono solo e non attrezzato per un bagno, il caldo e la fatica lo richiederebbero, ma mi limito ad una camminata a riva, contemplando la risacca delle onde col loro magico suono. Da qui ancora una breve camminata costeggiando le spiagge fino all'adiacente cittadina di Estoril, con il suo più tranquillo arenile sabbioso. La stazione dei treni è proprio qui, faccio il biglietto per Lisbona, pagando € 2,15, e prendo il primo treno carico di turisti, pendolari e studenti universitari, che corre lungo la costa fino ad arrivare in mezz'ora alla stazione Cais do Sodre'. Sono di nuovo in città, faccio due passi nel quartiere di Santa Caterina, tra case dalle facciate malandate e con gli stretti balconi, fino al semi nascosto Elevador da Bica, risalente al 1892, una cingolante è minuscola funicolare dall'aspetto di un tram in miniatura di colore giallo, che per € 3,60 compie in poco più di un minuto la ripidissima salita fino a Rua do Loreto. Molto pittoresco da quassù vedere questo vecchio e caratteristico vagone nella stretta via che percorre fra le case. Da qui a piedi passo nuovamente dalla deliziosa piazzetta bohemienne di Largo do Charmo e scendo fino a Rossio dove, in Rua 1 de Dezembro mi concedo una fin troppo abbondante ma buona cena casalinga in un piccolo locale da semplici tavoli e dall'atmosfera casalinga: otto euro comprese due bibite! Il sole ormai sta tramontando, attraverso Rossio e poi fino a Largo Martin Monitz, che a quest'ora sembra essere vissuto solo da stranieri:c'è un gruppo di indiani o bengalesi che gioca a cricket fra gli zampilli delle fontane, qualche cinese (tanti i negozi gestiti da loro),africani...una sorta di casbah internazionale. Risalgo le strade verso la guesthouse, anche questa lunga ed intensa giornata volge al termine.


15 settembre


L'aria oggi è fresca, il cielo sopra Lisbona è nuvoloso. Sono in Largo Martim Monitz, non lontano da un gruppo di donne cinesi che stanno praticando tai chi; osservo i turisti già in fila in attesa di salire sul piccolo tram numero 28; ne arrivano ben due di tram e i turisti si accalcano sopra come fosse l'ora di punta, io non ho voglia di fare la sardina ne tanto meno code, quindi mi accontenterò di vedere scorrazzare questi piccoli mezzi su rotaia fra le strette viuzze della città, e mi incammino in salita verso il castello di Sao Jorge, ripassando davanti alla piccola Cattedrale di Se'. C'è poca gente, è ancora presto, faccio il biglietto (8,50€) senza fare code, varco i tornelli d'ingresso e davanti a me, dall'alto delle mura fortificate, si apre un ampio panorama a 360° della città, con la immensa Praca do Commercio affacciata sulle rive del Tago, in lontananza la statua del Cristo Rei oltre il ponte del 25 aprile, tra il mare di tetti di tegole le rovine del Convento do Charmo: bella la vista sulla capitale e un bel posto dove costruire la propria dimora, mica stupidi questi re. Non vi sono stanze, ma solo ciò che resta delle antiche mura tra le quali passeggio, accanto ad alberi di ulivo e piante di oleandro, passando da una torretta all'altra ad ammirare il panorama da diverse angolazioni. Il vento fa sventolare forte le due grandi bandiere del Portogallo e della municipalità di Lisbona, issate su due delle torri. Passa un po' di tempo, cadono due gocce di pioggia ma smette in fretta; esco giusto quando un numero sempre crescente di turisti si sta accalcando all'entrata, e comincio a vagare nel dedalo di vicoli del quartiere Alfama, segnati dal tempo, trasandati ma forse per questo ancora più affascinanti: è tutto un salire e scendere tra i ciotoli malmessi, affiancato da piccole case con porte e finestre e stretti balconi in ferro utili per stendere i panni, e qualche pianta. Arrivo perdendomi più volte, in largo Sao Rafael, in pieno Alfama, alla casa dove solo qualche settimana fa avevano alloggiato i miei tesori; tra piazzette che si aprono improvvisamente tra i vicoli, dove qualche tuk tuk intrepido prova passare negli stretti passaggi, tra stretti vicoli a scale, arrivo giù fino lungo al fiume. L'Alfama è senza dubbio il quartiere più caratteristico di Lisbona, col suo trasandato e nostalgico fascino. Non ho molto altro da fare oggi, tutto ciò che mi ero prefissato di vedere e vivere posso dire di averlo fatto nelle tre intense giornate precedenti, così vago per le strade alla ricerca di spunti fotografici e di qualche tipico souvenir locale in vendita nelle ogni presenti botteghe. Ne approfitto anche per una doverosa ed intensa visita al Museo della Resistenza situato poco distante dalla Cattedrale di Se', con ingresso gratuito e quattro piani ricchi di storia dove in ambienti sapientemente arredati, si ricostruisce la storia lusitana dei tempi del colonialismo fino alla Rivoluzione che proprio il 25 aprile ma del 1974, rovesciò l'ultima dittatura fascista europea. Pannelli, foto, ma anche filmati e musiche diffuse in ambienti suggestivi, è fatto proprio bene! I morsi della fame però cominciano a farsi sentire, e poco oltre, lungo la stessa via in salita, mi siedo su uno dei tavolini all'aperto del piccolo bistrot Canto da Vita, con i rami delle bouganville che si arrampicano sui muri scalcinati della sua facciata: menu do dia, per € 12 birra, zuppa di gazpacho, un'abbondante squisita porzione di bacalau servito in un elegante forma cilindrica, e per finire mousse al frutto della passione, per la serie non voglio farmi mancare nulla. Sono le 18.30, la pioggia che nel frattempo aveva cominciato a cadere, ha smesso. Sono nuovamente all'Alfama per gli ultimi piccoli acquisti e per la cena. L'Alfama, non c'è notte più autentica per concludere questo breve viaggio che non passarla fra i vicoli pedonali di questo quartiere, camminando su e giù sui suoi malandati sanpietrini resi scivolosi dalla pioggia, i tavoli all'aperto di ristoranti in molti dei quali si esibiscono dal vivo cantanti di Fado le cui malinconiche note si diffondono in ogni angolo del quartiere, illuminato soltanto dalla debole luce gialla delle lanterne appese ai muri. Che atmosfera unica. Ultima cena tipica con sardine grigliate una squisita fetta di torta di mele casalinghe, e infine gli ultimi sali scendi fra i vicoli ormai semi deserti per via di una leggera pioggerellina che nel frattempo ha ripreso accadere.


16 settembre


È buio e piove mentre percorro a piedi prima dell'alba il tratto di strada tra la guesthouse e la fermata della metropolitana Anejo; prendo proprio il primo treno della giornata, la metropolitana ha appena aperto, per poi cambiare due fermate dopo linea in direzione dell'aeroporto. Si sta concludendo questo breve viaggio, bello ed intenso, che mi ha permesso di scoprire una città ricca di storia e fascino, che ancora, nonostante tutto, ha saputo mantenere la sua autenticità, come se la frenesia del progresso non la toccasse più di tanto. Il volo Ryanair è già sulla pista, ed è già tempo di sognare nuove destinazioni, nuove scoperte...


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