Slovenja - Austria - Slovacchia - Ungheria

MAGGIO - GIUGNO 2011


Itinerario: Predjama - Lubjana - Bled (Slovenja) - Vienna (Austria) - Bratislava (Slovacchia) - Budapest - Lago Balaton (Ungheria)

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28 Maggio 2011      Milano - Lubjana


Questa volta il mio diario di viaggio comincia in un modo un pò insolito, non dall’hangar di un aeroporto in attesa di qualche volo che mi porti lontano. E un pò l’ambiente dell’aeroporto mi manca, anche perchè da quando viaggio per il mondo ha sempre significato per me l’inizio del sogno. Ma questa volta no, questo è un viaggio diverso. Sono da poco passate le 8 del mattino quando con Fra e Velcha imbocchiamo l’autostrada A4 in direzione Venezia a bordo del mitico Ponyo, il Volkswagen T4 mansardato, di colore rosso, di Fra, che ci farà da casa mobile. Un viaggio diverso insomma, un’ esperienza nuova per me. Un paio di brevi soste, l’ultima prima del confine sloveno per acquistare la vignetta, ovvero la tassa autostradale obbligatoria per la circolazione in territorio sloveno, che sostituisce il pedaggio ai caselli; sono le 13.30 quando entriamo in Slovenja, la prima tappa del nostro percorso che ci porterà poi in Austria, Slovacchia ed infine in Ungheria. Per strada poche auto, il paesaggio una volta passato il confine appare meno piatto e decisamente più verde. Boschi di pini e altri arbusti  che ricoprono in modo fitto le ondulate alture. Prima di Lubjana, la capitale, facciamo una deviazione in direzione Postojna. Oltre il grande parcheggio che porta alle famose grotte, la strada, perfettamente asfaltata, sale per altri 11 km di tornanti fino ad arrivare al castello di Predjama. C’è un piccolo parcheggio di una decina di auto all’ombra degli alberi, due delle quali sono di padre e figlio che, dai cofani posteriori delle stesse, vendono casse di ciliegie enormi dall’ottimo aspetto. Un paio di locande, due piccoli chioschi in legno che vendono souvenir (magneti e gustosissimi mieli aromatizzati), poi lui, il bianco castello, incavato nella nuda parete rocciosa della montagna, sembra quasi che esca dalla stessa, come da un’enorme bocca di roccia spalancata. Una posizione scenograficamente spettacolare! L’interno, umidissimo, è meno scenografico, fatto di alcune sale ricostruite, anche se è interessante ammirare l’incagliarsi delle sale con le grotte interne e le pareti rocciose della montagna. E’ primo pomeriggio, usciti dall’esplorazione del castello, decidiamo di mangiare, il primo pranzo a bordo, accompagnato da un kg di ottime ciliegie appena comprate per soli 3 euro...

Riprendiamo la strada per Lubjana, non manca molto. Il cielo è coperto, un mix tra grigio e blu intenso a strati, che quando lascia filtrare la luce del sole, crea un bellissimo e suggestivo effetto cromatico sul panorama sottostante. Uscita Lubjana sever (nord), ci siamo, qualche km a nord della città, mappa alla mano (il navigatore oggi non vuole collaborare), troviamo la via che ci porta al Lubjana Resort, il camping a 4 stelle più vicino alla città. Non sono un esperto di campeggi, ma è facile intuire che  questo è proprio grande e per fortuna non ancora affollato per via, credo, della stagione ancora agli inizi. Troviamo un posto tranquillo per accamparci con Ponyo, qui ci fermeremo due notti. Abbiamo percorso 563 km da stamattina. Abbiamo ancora tempo, sistemiamo il camper e alla reception del resort facciamo il biglietto dell’autobus per arrivare in città e passare lì la serata. Proprio davanti al camping, dal lato opposto della strada, c’è la fermata del bus n.6, bianco e verde, i colori della bandiera nazionale, nel quale si entra in maniera ordinata solo dalla porta anteriore vicino all’autista, per l’obliterazione obbligatoria. In 10 minuti siamo a due passi dal centro storico; c’è un vento freddo che ci coglie un pò impreparati viste le temperature a cui ci eravamo abiutuati da giorni in Italia. Passeggiamo fino ad arrivare in Preservov trg, una bellissima piazza, con la Chiesa Francescana dell’Annunciazione in stile barocco, dalle facciate color salmone e l’alto campanile alle sue spalle, e la statua color verde marino in onore di Preseren, il più grande poeta sloveno. Lubjana mi appare da subito come una cittadina tranquilla e giovane, in giro infatti tanti ragazzi e ragazze, giovani appunto, vestiti in modo originale e non uniformato e uguale come da noi. Passeggiamo un pò senza meta lungo la Lubjanika, il piccolo fiume che attraversa la città, contornato da numerosi locali coi tavolini all’aperto. Poco oltre, una improbabile band suona musica havy metal in una piccola piazzetta, attorniata da un campanello di gente curiosa che assiste al concerto. Tutto il centro è pedonale, nessuna auto, si passeggia tranquilli. Ci rintaniamo al Sakal, un ristorante locale dove proviamo, finalmente al riparo dal vento, il piatto tipico sloveno, le salsicce krvavica...

E’ ora di rientrare verso “casa”, il vento è calato ed ora perfino si vede un bel cielo stellato. L’autobus 6 ci riporta al Lubjana Resort, sbagliamo fermata ma meglio così, dopo la mangiata due passi extra non ci fanno certo male.


29 Maggio      Lubjana


Una giovane donna, bella ed elegante ma allo stesso tempo semplice e non troppo appariscente. Così descriverei Lubjana, la capitale slovena. La vita da campeggio alla quale sono poco abituato, ha fatto si che tra doccia, colazione e soprattutto sistemazione camper, se ne andasse via gran parte della mattinata. La mia schiena è un pò provata dal duro materassino della parte superiore di Ponyo. La cosa buona di questo campeggio è la tranquillità, si sentono più i canti degli uccellini e delle cornacchie che non il vociare della gente. Il solito autobus 6 ci ha portato in città, il cielo è limpido e il sole forte, tanto che il venticello di ieri sembra di una stagione fa. Lubjana appunto: tranquilla, silenziosa in tutta la parte vecchia tra il fiume e il castello che la domina dall’alto di una collina, senza auto a cui è vietata la circolazione nel centro, solo gente a piedi o in bicicletta. Partiamo da Presernov trg e passeggiamo come ieri lungo il corso della Lubjanika, il fiume dalle acque color verde smeraldo che placidamente taglia in due la città.Lungo una sua sponda, poco oltre il Dragon Bridge (il piccolo ponte con a guardia 4 statue verde smeraldo raffiguranti altrettanti dragoni, simboli della città), c’è un piccolo mercato delle pulci e qualche bancarella di collanine e braccialetti etnici. La maggiorparte delle abitazioni, che non superano i 3/4 piani di altezza, quasi tutte dai colori chiari e col tipico tetto a spiovere, dona alla città un aspetto particolare ed accogliente, sarà anche l’assenza di auto, la gente che appare tranquilla e rilassata o chissà cosa, ma qui la sensazione è davvero quella di spensieratezza.  Peccato che la piazzetta del mercato all’aperto è semi deserta essendo domenica; ci fermiamo su di una panchina proprio lì per mangiare un panino al sacco e le ultime ciliegie di Predjama, accanto ai piccoli e vuoti banchi di legno chiaro coperti da tende bianche e verdi. Qualche banchetto aperto per la verità c’è, vende artigianato tipico e miele della zona. Continuiamo il nostro giro lungo Stari trg e Mestni trg, con i loro ristoranti e le vecchie case dai diversi stili, attaccate l’una all’altra ma mai soffocanti, tanto che alzare gli occhi a curiosare tra balconi e finestre pittoresche è perfino un piacere. Sempre a piedi ci dirigiamo alla funicolare che sale fin su al castello di Lubjana, in cima alla collina alta un centinaio di metri. Paghiamo l’euro e 50 del biglietto a/r  e saliamo sulla grande cabina di vetro che lentamente sale scorrendo su un binario. Il castello in sè non è nulla di chè, anzi, decisamente deludente, non ci sono stanze ma solo le mura e qualche attrezzo medioevale. L’unica cosa interessante è farsi la scala a chiocciola che sale fin su la torre, dove sventola una grande bandiera bianca e verde col dragone rosso nel mezzo, e dove, stretti fra i turisti (ovviamente non possono mancare i giapponesi), si può ammirare il panorama della città dall’alto, con begli scorci della parte vecchia e delle case coi tetti rossi a spiovere a farla da padrone. Scendiamo, e siamo di nuovo lungo il fiume. Il sole picchia forte e ci sta un gelato seduti all’ombra sui tavolini all’aperto di uno dei tanti locali presenti, il “cacao”. Lubjana è piccola, in una giornata la si gira tranquillamente a piedi, è ben raccolta. Molto pulita ed ordinata, ovunque lungo le strade ci sono contenitori per la raccolta differenziata. Giovane ed efficiente, mi piace. Ma è tempo di riprendere il 6 e tornare da Ponyo.


30 Maggio      Lubjana - Bled


Sono al Lago di Bled, distante non più di una 60ina di km dalla capitale che abbiamo lasciato questa mattina. Il camping, l’unico presente sul lago, è immenso e tenuto molto bene, bagni puliti e spaziosi, anche qui ovunque raccolta differenziata, ma soprattutto lo scenario, immerso nel verde e incastonato tra pareti rocciose in gran parte ricoperte dalla fitta vegetazione. Di fronte all’entrata, una piccola distesa erbosa che funge da spiaggetta sulle acque del lago. Giusto il tempo di sistemare Ponyo e di un pranzo veloce, ho voglia di esplorare la zona. Mi incammino lungo la strada che circumnaviga il lago, in tutto 6 km per compiere l’intero giro. Il lago infatti non è piccolissimo ma nemmeno enorme, misura 2km per 1.4 ed è incastonato in un bellissimo scenario naturale tra le alture verdi delle Alpi Giulie e della catena monuosa delle Karavanke. Al centro del lago vi è un piccolo isolotto verde con la pittoresca chiesetta. Su uno dei lati invece il piccolo castello medioevale in cima ad una alta cresta rocciosa a picco sul lago stesso e dall’altro ahimè le costruzioni della piccola omonima cittadina di Bled. Arrivo con Fra e Velcha camminando proprio fino a qua, in una mezz’ora di passeggiata: un paio di grandi hotel, un casinò e qualche negozio per nulla tipico e anzi, decisamente fuori dalla portata delle mie tasche. Me lo aspettavo più selvaggio il posto, più da paesino con baite e mucche, nonostante alcuni scorci siano davvero suggestivi. I giardini sono curatissimi, anche qui strade e marciapiei puliti, e le papere e i cigni che con naturalezza escono dalle acque e sostano sul marciapiede adiacente, per nulla intimoriti dalla presenza della gente. E’ si una località turistica però molto tranquilla. Torniamo poco indietro lungo la stradina chiusa alle auto, dalla quale partono diversi sentieri che conducono in cima al castello: prendiamo quello che parte dalla chiesa anglicana di San Martino, con la struttura color bianco sormontata da un appuntito tetto a spiovere verde e con l’alto e stretto campanile. Dopo un breve tratto tra i cottage, comincia lo stretto ma breve sentiero sterrato che sale tra la vegetazione e che in 10 minuti arriva fin su alla sommità. Si paga l’ingresso, 8 euro a testa, ma la vista dall’alto dell’intero lago con al centro l’isolotto e la chiesetta e tutto intorno le montagne, merita davvero! A parte la piccola e tozza torretta medioevale, e le mura, il castello vero e proprio non c’è. Le sale sono diventate un ristorante panoramico, un piccolo negozio di souvenir, un museo e una graziosa piccolissima cappella con interessanti affreschi sulle pareti e il soffitto. Scendiamo facendo un altro sentiero, stavolta a gradini, col sole che comincia lentamente a calare. Stasera grigliata di carni tipiche prese al supermarket del camping, mi affido alle mani esperte di Fra.


31 Maggio      Bled


sono le 7 del mattino, esco furtivamente da Ponyo mentre Fra e Velcha ancora dormono; ho deciso di farmi un pò di corsa lungo il lago. Sia al campo che fuori c’è ancora poca gente, e comincio a correre accompagnato dal cinguettio degli uccellini nascosti tra i rami degli alberi che ricoprono la parete rocciosa a lato strada, mentre poco più giù, sempre nascosti tra gli arbusti, alcuni pescatori tentano fortuna con le loro canne da pesca. Il luogo, privo di auto, è ideale per fare jogging. “Good morning, good morning”, è un continuo salutarsi ad ogni incrocio con altri improvvisati podisti, quasi tutti stranieri. Chissà perchè in alcune circostanze, come il correre appunto, la gente di prima mattina sembra perfino di buonumore. Le acque del lago sono piatte, la luce del primo giorno è sempre magica, e anche la temperatura è ancora gradevole. Peccato solo che le mie povere gambe siano fuori allenamento, così alterno corsa e camminata arrivando fino al paese e tornando indietro. Sono quasi le 9, Fra è già sveglio. Doccia e colazione, e son di nuovo sul lungo lago con Fra e Velcha: scegliamo una piccola barca a remi in legno, a forma di cigno; il ragazzo che le noleggia somiglia vagamente all’attore che impersona Christopher Mc Condless, il protagonista del film Into the Wild; ci spiega come remare, siamo un pò titubanti ma ci rassicura. Saliamo, a quasto giro rema Fra. Arrivare all’isolotto di Bled non richiede molto tempo, in poco più di 10 minuti arriviamo ed attracchiamo legando la barca ad uno dei piccoli moli per poi risalire a piedi il breve sentiero sterrato che ci porta poco più su fino alla piccola chiesa. Qui è tranquillo, c’è un negozio di souvenir, un bar e il piccolo museo. Scatto un pò di foto, in direzione soprattutto del castello dalla parte opposta della riva. E’ passata mezz’ora o poco più, scendiamo e risaliamo sulla barchetta, ormeggiata solitaria al molo. Stavolta remo io. Fra è preoccupato, l’uscita dal molo è un pò macchinosa, ma alla fine vogando coi due grandi e pesanti remi, salpiamo tutti sani e salvi in terra ferma, non avevo dubbi! Si è fatta ora di pranzo, torniamo al camping, mentre in cielo tra le montagne si fanno largo grossi nuvoloni neri che oscurano ad intervalli il sole. Fra e Velcha optano per il riposo, io invece mi armo di diario, penna e macchina fotografica e riparto lungo il perimetro del lago, stessa direzione compiuta stamattina di corsa. I pescatori nascosti tra gli arbusti sono ancora lì in paziente attesa, così come papere e cigni che mi fanno compagnia da vicino non appena decido di fermarmi a pochi passi dalla cittadina di Bled e di sedermi a scrivere su una delle panchine bianche in legno poste a riva. Pochi minuti però, e mentre i raggi del sole ancora riflettono sulle acque del lago si scatena il temporale. Mi riparo, in assenza di tuoni e lampi, sotto i grossi rami di un albero. Ma il temporale è più lungo di quanto pensassi e di quanto il cielo faccia pensare, così dopo un pò corro sotto l’acqua per arrivare a ripararmi meglio sotto la tettoia di un edificio, e qui mi siedo a scrivere in attesa che smetta...

Dopo un’ora il cielo finalmente torna ad essere azzurro, il temporale è passato. Mi incammino verso il camping, incrociano una mamma papera con la sua cucciolata di paperotti teneri e buffi. Oggi ne sto facendo di strada a piedi...arrivo all’ingresso del camping ed ecco Fra e Velcha che stanno uscendo: altra breve passeggiata mentre il sole per oggi va a nascondersi definitivamente dietro alle montagne. Stasera niente cena all’aperto in campeggio, ma bensì al ristorante dello stesso, che affaccia sulla strada di fronte alla piccola spiaggia erbosa. Gnocchi all’istriana (prosciutto del Carso, zucchine e crema di funghi), e ora di nuovo a scrivere, dentro Ponyo, mentre è scesa la notte e Fra e Velcha giocano a carte.


1 Giugno      Bled - Vienna


La preparazione di Ponyo pre partenza richiede sempre un pò di tempo, difficile essere mattinieri con la vita da campeggio. Tant’è che alle 9, dopo aver cambiato la riserva di acqua al camper, partiamo. C’è ancora il sole ad accompagnarci, in breve tempo siamo sull’autostrada A2 in direzione nord. Ci fermiamo prima del confine austriaco, per il pieno di gpl fai da te e l’acquisto della vignetta austriaca. Sono le 9.40, il lungo tunnel di quasi 8 km segna il confine, sono in Austria. Fra è alla guida, io da dietro mi godo il panorama delle colline ricoperte da prati verdissimi con qualche piccola casa e le montagne, sempre verdi tutto intorno. La strada, fatta di tunnel e lunghi cavalcavia, è abbastanza libera. Altra sosta in autogrill, do il cambio a Fra alla guida mentre il cielo si fa improvvisamente cupo, ed infatti comincia presto a piovere, e anche forte. Non dura molto per fortuna; siamo quasi all’uscita per Vienna tra rallentamenti per lavori in corso che riducono le corsie di marcia. Eccosi, Vienna, col cielo che è tornato azzurro. Troviamo il Wien Camping Sud, è strano perchè è proprio in città a lato di un viale periferico, in una sorta di parco alberato. Molto più piccolo e spartano rispetto ai precedenti. Sistemiamo Ponyo e facciamo un pò di spesa al supermercato appena fuori la grande cancellata di ferro che delimita l’ingresso del campeggio. Mi diverte sempre curiosare tra i prodotti locali: qui abbondano succhi di frutta per tutti i gusti e salsine dai colori inquietanti. C’è ancora tempo e luce, così saliamo sull’autobus 62a acquistando a bordo i biglietti, e arriviamo in zona metropolitana, un paio di cami di linea ed eccoci spuntare nella centralissima Stephen Platz. Vienna mi riporta indietro nel tempo, a 17 anni fa quando allora ragazzino venni qui a seguire una finale europea dell’Inter. Sono passati troppi anni, i ricordi sono un pò annebbiati, e oggi la rivedo con occhi sicuramente diversi. Stephen Platz non è una vera piazza come la intendiamo noi: al centro c’è la grande chiesa gotica Stephen Dom, in parte ricoperta da impalcature, con le sue alte guglie annerite dal tempo e dallo smog, che ricordano quelle del Duomo di Milano, e i tetti spioventi dalle tegole colorate che formano da un lato un mosaico e dall’altro la grande aquila imperiale a due teste. I viali pedonali attorno brulicano di gente, di tutte le età e di tutti i tipi, soprattutto giovani ma anche molti turisti. Tanti negozi l’uno in fila all’altro, l’immancabile carretto di gelati italiani e soprattutto le mitiche pasticcerie austriache. Velcha ci tenta, io e Fra non resistiamo quindi a mangiarci in strada una mini sacher torte! Ci sono dolci di ogni tipo, il cioccolato è il vero attuale imperatore d’Austria, ma non posso e non devo più lasciarmi tentare...La camminata verso la zona dei musei è provvidenziale. Palazzine imponenti come in Helden Platz o in Theresien Platz, tutte basse e sviluppate in lunghezza, adornate di statue e circondate da giardini ben tenuti. Il sole sta tramontando e all’orizzonte arriva un cielo nero poco rassicurante, portato da un frizzante venticello. Meglio accellerare il passo e ripararsi per la cena. Ci imbattiamo così nel Diva Night, in una via pedonale a due passi dal centro: con meno di 10 euro la cameriera ci porta non una ma ben due gigantesche cotolette alla viennese!

Fuori ancora non piove, passeggiamo ancora un pò per il centro, sempre pieno di persone a passeggio nonostante i negozi abbiano ormai chiuso, sono le 22, e in Stephen Platz appare qualche artista di strada mentre noi scendiamo nuovamente giù nei sotterranei della metropolitana per il rientro al camping. Anche la metro è frequentata a quest’ora! Scendiamo dal 62a giusto in tempo per una corsa sotto l’acqua, sta cominciando a piovere, anche se per poco. Stanotte niente canti di uccellini, ma il via vai sporadico di auto nel viale a pochi metri dalla nostra piazzola.


2 Giugno      Vienna


Vienna non è come Lubjana, è più città, più grande, più trafficata. Una nobildonna un pò snob, anche se decisamente elegante. E’ quasi ora di pranzo, un vento costante rinfresca l’aria anche se il cielo è grigio, niente sole. Fra e Velcha fanno giri per musei, ci separiamo per qualche ora, così, partendo dai giardini ti Theresien Platz, ricchi di belle statue e dominati dalla grande statua verde dell’imperatrice d’ Austria Maria Teresa, mi incammino a vivere un pò la città; l’imponente palazzo del Parlamento ha al suo fianco una piccola rappresentazione delle istanze del popolo Sinti, con una tenda e dei manifesti colorati che ne ripercorrono la storia e le origini. Poco oltre il Palazzo del Municipio, ricco di guglie e con lunghi drappi bianchi e rossi che lo adornano. Le costruzioni del centro sono indubbiamente molto belle, ricalcano in pieno l’anima storica aristocratica della città, con un pò di immaginazione, vedendo le numerose carrozze aperte che portano in giro i turisti e condotte da uomini abbigliati con impermeabili lunghi e bombetta in testa, si può fantasticare sullo sfarzo che fu in quell’epoca. Oggi è molto diverso, la pubblicità ovunque, le scritte sui muri, fanno di Vienna una città come altre, seppur sempre ordinata ed efficiente e con alcune peculiarità come i vecchi tram bianchi e rossi ancora in uso. Vago un pò senza meta, alla ricerca di qualche spunto fotografico; mi ritrovo nei bei giardini della residenza imperiale, con l’erba perfettamente tagliata all’inglese e un suonatore di fisarmonica che con le note di un valzer dona un tocco di eleganza all’atmosfera del momento. Mi ritrovo con Fra e Velcha, a piedi continuiamo insieme il giro fino alla Votiv Kirche, un’altra chiesa in stile gotico: da fuori sembra in stato dismesso, forse per via di qualche lavoro in corso che copre parte della facciata con orribili pubblicità commerciali, e dire che dagli austriaci non me lo sarei mai aspettato. Entro, la musica cambia. Non c’è quasi nessuno ma sull’altare un nutrito gruppo di artisti sta facendo le prove di un musical! L’interno della chiesa, con le sue splendide e decorate volte, le vetrate colorate e il grande rosone sotto al quale c’è un organo dalle alte canne, merita davvero.

Continuiamo la camminata fino a tornare nei vicoli pedonali del centro, accanto a Stephen Platz, che ora brulicano di persone che riempiono gli eleganti tavolini delle sale da tè, passeggiano o assistono alle performance degli artisti di strada. Non siamo da meno, non avendo pranzato, una sosta  con pasticcini seduti al primo piano di una sala da tè ci sta tutta. Non c’è il tempo nè la voglia di arrivare coi mezzi fino al Prater nè a Schobrum, che già vidi nella mia precedente visita della città. Così curiosiamo un pò tra i costosi negozi di souvenir, anche poco originali, e cominciamo a rientrare verso il campeggio: prima la linea metropolitana U3, poi cambio con la U6 ed ora siamo sull’autobus 62a che ci riporta da Ponyo, mentre finalmente appare un pallido sole tra le nubi. Stasera cena con pasta, all’italiana.


3 Giugno      Vienna - Bratislava


Abbiamo lasciato Vienna, sono le 10 del mattino e stiamo percorrendo l’autostrada che porta in Slovacchia; prima del confine è un continuo susseguirsi di dolci colline verdi e di tante alte pale eoliche. Non c’è da pagare vignetta per le autostrade slovacche, o almeno così non è indicato, quindi passiamo una simil dogana senza problemi, e dopo un’ora e mezza di strada dalla partenza siamo in Slovacchia. Vienna e Bratislava, la capitale slovacca, distano fra loro appena 78 km, entrambe vicine al confine dei rispettivi stati. Infatti non appena entrati in territorio slovacco si vede in lontananza il castello che domina la città dall’alto di una collina. Entriamo in Bratislava, la cui periferia è formata da lunghe file di palazzi in stile sovietico, tutti piuttosto uguali, fino al Novy Most, il ponte dalla bizzarra struttura a forma di ufo che attraversa l’ampio letto del fiume Danubio, e che una volta attraversato, porta direttamente nel centro storico di Bratislava. Non è semplice trovare un parcheggio, giriamo un pò e alla fine usciamo dalla parte vecchia e ne troviamo uno a pagamento nella zona universitaria: ci costa solo 3,50 euro per l’intera giornata. L’anziano uomo con la pettorina gialla ci consegna i grattasosta e siamo a posto fino a sera, possiamo così girare la città prima di andare a cercare il campeggio dove pernotteremo, visto che dista una decina di km da qua. “Little big city” recita una scritta sul fianco dei piccoli vecchi tram rossi che attraversano la prima via che percorriamo a piedi, Obchodua, larga e piena di locali posti sotto a piccole e graziose abitazioni di un paio di piani al massimo. Il centro di Bratislava già mi piace. Ma il meglio di sè lo da oltrepassando a piedi la porta di San Michele, sotto l’omonima piccola torre risalente al XVI secolo: da qui inizia un dedalo di piccole vie pedonali, molto piacevole da percorrere. Ristoranti con i tavolini all’aperto, negozi di souvenir e artigianato vario di buon gusto si alternano; arriviamo alla piazza principale, Hlvanè namesti, ampia, con al centro una fontana e da un lato la piccola chiesa Francescana dell’Annunciazione, con lo stretto campanile in stile diverso dalla struttura principale di colore giallo. Il fatto che non ci siano alti edifici e soprattutto che le piccole vie acciottolate di tutto il centro storico siano pedonali, dà un senso di piacevolezza ancora maggiore nel percorrerle, nonostante di turisti ce ne siano eccome, ma è sufficiente sviare in un qualsiasi stretto vicolo per ritrovarsi in un’altra piazzetta magari meno frequentata in quel momento.  E poi i piccoli mercati di artigianato locale, venduto in minuscoli chioschi a prezzi vantaggiosi. Altro che Vienna, qui si che comincio a divertirmi con lo shopping, anche Velcha è eccitata dalla cosa, Fra un pò meno. Il sole picchia forte, pausa pranzo leggera ed economica in uno dei tanti ristoranti, dove la birra costa meno dell’acqua. La popolazione locale mi daà l’idea di essere davvero di età media giovanissima, e tutti molto belli, soprattutto le ragazze, c’è da ammetterlo! Riprendiamo il nostro piacevole vagare senza meta cercando ombra non appena possibile. Passiamo accanto alla statua bronzea di un minatore che sbuca con testa e braccia da un tombino, altezza terra, e accanto a lui un artista di strada mimetizzato lo imita. Di buffe statue disseminate per il centro storico ce ne sono altre: il soldato napoleonico appoggiato ad una panchina o il paparazzo che sbuca da un angolo con la sua macchina fotografica. Arriviamo alla Cattedrale gotica di San Martino, peccato che l’intero campanile sia coperto per restauro. Accanto ad essa c’è un monumento astratto che ricorda l’Olocausto, qui infatti sorgeva aniticamente una sinagoga. Attraversiamo il sottopasso pedonale che porta alla salita verso il castello che sorge in cima alla collina. La prima parte a scalinata fatta sotto il sole cocente delle 14 non è stata una grande idea...L’autore della Lonely Planet descrive il castello di Bratislava come un enorme letto a baldacchino, quando l’ho letto ho pensato avesse scritto dopo qualche birra di troppo, invece mi ricredo, ci somiglia davvero. I 10 minuti di salita mi hanno squassato e in sè il castello visto da vicino non è nulla di chè, si vede fin troppo chiaramente la ricostruzione risalente agli anni ’50. Di un colore bianco acceso con i tetti a cono delle 4 torrette e delle mura rosso mattone, forma un quadrato e offre alcune belle vedute sul Danubio, ma è molto più fotogenico dal basso della collina, in più ora è assaltato da un mini esercito di giapponesi armati delle più moderne attrezzature fotografiche. Tra loro una signora vestita con un bellissimo tradizionale kimono quasi stona in mezzo a cotanta modernità. Scendiamo e riattraversiamo il centro per tornare al parcheggio. Velcha incrocia lungo la strada una coppia di suoi amici italiani , come è piccolo il mondo. Recuperato Ponyo, stavolta aiutati dal navigatore, ci dirigiamo verso il campeggio fuori città, attraversando l’omonima periferia di palazzi grigi e pubblicità, con l’immancabile Ikea. Arriviamo al Camping Zlatè Piesky, un solo aggettivo per definirlo: surreale! Sembra di essere in una vecchia colonia per il popolo, una mini città in stato di abbandono: c’è una vecchia Lada arancione accanto ad una struttura in legno alquanto decadente, con un locale abbandonato che riporta l’insegna “buffet” , e i bagni, delimitati da una cancellata in ferro, divisi tra locale lavandini con gli specchi tutti rotti, le docce e i bagni maleodoranti. Troviamo un posticino tranquillo per Ponyo, all’ombra, e facciamo un giro in questa assurda struttura. L’area intera è vasta e sembra proprio un mix tra un ex villaggio operaio e una struttura estiva un pò malconcia; infatti, oltrepassati i bagni, ci sono campi di volley, calcetto, basket, fino ad arrivare alla zona boschiva che precede il Danubio, con una piccola spiaggia erbosa a riva, qualche pub semi deserto e dei mini bungalow in legno disabitati da tanto a giudicare dalla polvere e dalle ragnatele. Surreale appunto, fermo agli anni ’70. Però forse, nonostante la decadenza, anche per questo ha un suo fascino...


4 Giugno      Bratislava


Mi sveglio grazie al cinguettio continuo degli uccellini che per fortuna sovrasta il rumore delle auto sulla vicina statale; è già chiaro fuori ma sono solo le 5.30 del mattino, non riesco più a prendere sonno.

Arrivano lentamente le 8.30, ora della sveglia, e si comincia la preparazione della colazione all’aperto come sempre. Velcha in più prepara la sua borsa, stasera tornerà a Milano con un volo Ryanair, ha finito la sua settimana di ferie, così da stasera proseguiremo nel viaggio solo io e Fra. Sono le 10 e siamo a Bratislava, parcheggiamo nello stesso posto di ieri, gratuitamente essendo oggi sabato. Da qui, a piedi, arriviamo fino alla Chiesa Blu, un pò fuori dal centro storico. Poca gente in giro, la chiesetta è proprio carina esternamente, colorata di azzurro e bianco e dalle forme un pò arrotondate, sembra quasi di marzapane e risalta fra le grigie palazzine che la circondano. Proseguiamo a piedi fino alle rive del Danubio, da qui una lunga passeggiata tra il fiume e qualche bel giardinetto con le panchine che recano su la targhetta del wi fi gratuito. Qualcuno fa jogging nonostante l’afa odierna. Ci ritroviamo così a passeggiare tra le vie del piccolo e delizioso centro. Oggi però spicca in alcuni punti la fastidiosa presenza di poliziotti in tenuta antisommossa, con tanto di camionette ultra blindate: sembrano tanti robocop pronti a respingere l’assalto di chissà quali forze, forse quello dei numerosi gruppi di impacciati turisti giapponesi? No, a leggere dai manifesti appesi nelle strade, forse solo quello di chissà quanti gay e lesbiche che oggi manifesteranno per i loro diritti. Mi tornano in mente brutti ricordi del nostro G8 genovese...

Continuiamo nei nostri giri e nel nostro shopping presso le mini bancarelle, con sosta obbligata a bere qualcosa, fa veramente caldo. Ritroviamo gli amici di Velcha con i quali pranziamo. Il centro storico di Bratislava è proprio piccolo e concentrato e ormai lo conosciamo bene. Un’ultima sosta a bere una birra (stavolta anche io, una media ad 1 euro e 10cent), ed è ormai ora di accompagnare Velcha al piccolo aeroporto dove ci salutiamo, la sua parentesi di viaggio finisce qui, ci rivedremo a Milano. Io e Fra torniamo in città per vedere se il locale KGB suggerito dalla Lonely Planet ha aperto, visto che prima il piccolo e nascosto cancello di ingresso non lo era: ma nulla da fare, peccato. Non ci resta che tornare nella nostra colonia, ops, campeggio di Zlatè Piesky. Sono quasi le 18.30, il cielo si è improvvisamente annuvolato. Mi butto in doccia, e quando esco fuori sta già diluviando. Corsa nel prato verso Ponyo, con capelli bagnati e senza la possibilità di asciugarli fuori (visto che le prese corrente sono esterne). Notte di temporale e di cervicale assicurata.


5 Giugno      Bratislava - Budapest


Il temporale di ieri ha lasciato il segno soprattutto nei già non pulitissimi bagni dello Zlatè Piesky, ora ricoperti di fanghiglia portata dalle ciabatte degli avventori. Spostiamo Ponyo di qualche metro, per metterci sotto al sole, così riusciamo ad asciugare qualcosa. Tempo della colazione e del cambio acqua al camper e si riparte in direzione dell’autostrada, lasciandoci alle spalle ben presto il castello in cima alla collina, che da spazio alle zone dei grandi centri commerciali fuori città. In soli 20 minuti siamo in Ungheria. Anche qui nessuna dogana, ma sostiamo in uno dei tanti punti lungo la strada dove acquistare la vignetta ungherese, che qui si chiama matrica. L’addetto mi fa annotare a penna su un quaderno la targa di Ponyo! E visto che ci sono, approfitto di un ufficio cambio per cambiare gli euro in fiorini, la moneta locale, in quanto l’ Ungheria, pur facendo parte della Comunità europea, ancora non ha adottato l’euro come moneta. La matrica, così come la vignetta in Austria e Slovenia, è invece una gran bella cosa, una tassa, vero, ma almeno la paghi una volta a seconda del tempo che utilizzi le autostrade, e così si sostituisce l’esistenza degli inutili caselli autostradali; chissà quanti decenni dovranno passare perchè la cosa arrivi anche da noi!  Riprendiamo la dritta strada a due corsie, poco trafficata, circondata da verdi colline e sporadicamente qualche enorme pala eolica che gira sfruttando il vento. Sono le 13, mancano solo una trentina di km a Budapest e sopra di noi le nuvolette bianche si sono trasformate in un fronte scuro e poco rassicurante, Mano a mano i campi lasciano spazio ai cartelli pubblicitari, ai centri commerciali (immancabili Ikea e Decathlon) e ai primi palazzi in stile casermone popolare. Stiamo entrando a Budapest. L’ Haller Camping (Obester Utca, 2) stavolta, come a Vienna, è in città. E’ piccolo, sito in un quartiere di vecchie palazzine, ma appare grazioso e completo, con uso compreso nel prezzo di lavatrici, cosa di cui approfittiamo subito per il bucato, e bagni immacolati. Sistemiamo Ponyo parcheggiandolo tra i vari camper di nazionalità tedesca e olandese, e una volta steso il bucato, usciamo. La metropolitana azzurra non è distante, 10 minuti di passeggiata o un paio di fermate del tram giallo n.24. Optiamo per la camminata e una volta giù in metro acquistiamo il biglietto valido per 3 giorni. Al posto dei classici tornelli, c’è una schiera umana fatta di grandi e grossi controllori, fascia gialla al braccio, che a campione controllano chi passa, insomma un tornello umano assai efficace. Saliamo sulla vecchia linea 2: il treno mezzo arrugginito di color azzurro carta da zucchero, i cui vagoni assomigliano a delle scatole di latta, ci porta in breve tempo nella centralissima fermata di Deak F Ter, confluenza della altre due linee, dove cambiamo e prendiamo la linea 1: gli interni dei vagoni sono più che mai vintage, lampade anni 70 e sedili in velluto. Due sole fermate e siamo dall’altra parte del Danubio, a Buda, la parte vecchia della città. La città è infatti divisa in due dall’ampio letto del fiume Danubio, ad ovest l’antica Buda che sorge in gran parte in cima ad una collina, ad est Pest, la parte moderna della città stessa. Appena risaliti in superficie, la prima cosa che si fa ammirare dall’altra sponda del fiume è il sontuoso palazzo del Parlamento, molto simile con le sue guglie al Westminister di Londra. Percorriamo il marciapiede che costeggia il Danubio, marciapiede diviso in due da una striscia gialla che separa la frequentata parte ciclabile, fino ad arrivare al bel Szèchenyi Chain Bridge, il cosiddetto Ponte delle Catene. Nella piazza antistante ci mettiamo in fila e saliamo con la piccola e caratteristica funicolare fin su alla cima della collina, alta un centinaio di metri, dentro alla piccola cabina marrone che ricorda i vecchi vagoni dei treni a locomotiva. Siamo al Castello di Buda, più che un classico castello, è l’antico Palazzo Reale, con al centro la grande cupola color verde, bei giardini e belle statue tra cui una enorme aquila che domina la collina, e una fontana maestosa che decora una parte della facciata del palazzo stesso. I panorami di Pest col Palazzo del Parlamento affacciato sul Danubio, da qua sono davvero spettacolari. Ci incamminiamo verso sud, tra qualche piccola bancarella di artigianato locale che vende magneti, matriosche centri tavola ricamati, sacchetti di paprika vestitini tipici e t-shirt, giusto per farmi cominciare i primi acquisti ungheresi. Visto che abbiamo saltato il pranzo, ci concediamo un kurtoskalacs, panoso dolce tipico del luogo. Buda, nonostante la presenza dei turisti, è proprio bella e perfino tranquilla, anche per via dello scarsissimo traffico che c’è da questa parte viste le poche e acciottolate strade come di un centro storico. Le piccole abitazioni d’epoca sono ben curate, è piacevole girare per le sue strade. A rendere poi l’atmosfera ancor più caratteristica, ci pensano dei suonatori di strada che coi loro violini riportano un pò ai tempi passati. Arriviamo al Bastione dei Pescatori, con una statua equestre e le bizzarre torrette basse e tozze con tetto a punta e di colo bianco, affacciate dall’alto sul Danubio. Accanto la Chiesa neogotica di Mattia Corvino, dal tetto decorato. Continuiamo il nostro giro, mappa alla mano; tra le auto parcheggiate, ci sono perfino delle vecchie Trabant anni ’60. Arriviamo ad uno degli ingressi, seminascosti, del labirinto sotterraneo del Castello di Buda. Scendiamo la scalinata profonda e stretta che ci porta alla biglietteria: qui ci forniscono di una vecchia lanterna ad olio, in effetti è fondamentale, cominciamo a percorrere lo stretto cunicolo scavato nella pietra e totalmente al buio; solo in alcuni punti, appese alle pietrose pareti, qualche lanterna indica la strada. Finchè la strada è una, seppur buia, va bene ma...cominciano i bivi! E ovviamente dopo un pò ci perdiamo. Da qui ci siamo già passati, o forse no...Dei leggeri suoni di tamburo diffusi aiutano un pò a riconoscere da dove provengono, aiutando così il senso dell’orientamento. Suggestivo e divertente, ma sconsigliato a claustrofobici e paurosi del buio. In alcuni punti è necessario mettere le braccia avanti per non finire a sbattere sulla parete. La lanterna non è che illumini poi un granchè...Sbuchiamo, nel nostro procedere un pò ad intuito, in qualche anfratto più illuminato dove una fontanella fa sgorgare vino, che sembra sangue, poi ancora qualche incisione sul muro e qualche statua di pietra raffigurante ominidi che a fatica si scorge tanto è mimetizzata con la roccia. Sembra di essere Indiana Jones e comincia a fare anche un pò fresco qua sotto. Alla fine, tenta e ritenta, riusciamo ad arrivare alla fine di questo labirinto di caverne sotterranee lungo oltre un km. Sempre in sotterranea, prima dell’uscita, una sala raccoglie oggetti del nostro secolo...ibernati! Si proprio così, dei cubi di ghiaccio rivestiti da una speciale urna di plastica, contengono oggetti anni ’50 -‘60’- ’70 quali una radio, una chiave inglese, una macchina da cucire Singer, un mangiadischi, un casco e così via: geniale e curioso. Chissà per quali posteri e chissà che effetto faranno alle future generazioni questi pezzi di storia; già a me vederne alcuni mi fa fare un salto indietro di decenni con la memoria. Ovviamente ci sono anche oggetti più recenti, dei nostri tempi, in attesa dell’ibernazione. Risaliamo dalle umide caverne in superficie, alla luce e al caldo. Torniamo a prendere la funicolare al Palazzo Reale, stavolta non c’è nessuno, tanto che la gentile bigliettaia si offre spontaneamente di farci una foto ricordo. Una volta scesi, attraversiamo a piedi il lungo e maestoso Ponte delle Catene, con le sue statue di leoni alle estremità che precedono i due grandi archi in pietra sorretti da grandi tiranti. La parte centrale è per il traffico automobilistico, quelle laterali per pedoni e biciclette. Appese lungo tutto il ponte in maniera alternata, bandiere kirghise e ungheresi, che buffo! Evidentemente c’è qualche visita ufficiale di qualche delegazione proveniente dal Kyrgyzstan, Paese che in me desta gran bei ricordi. La vista di Budapest da qui, al centro del grande Danubio che scorre sotto di noi, è stupenda, resa ancora più affascinante dal tramontare del sole che lentamente va a calare proprio dietro alla collina di Buda. E’ romantico osservare il tramonto da una delle panchine a bordo fiume. Ci facciamo la lunga passeggiata nella pedonale Duna Korzo, piena di lounge bare e ristoranti. Passiamo accanto alla piccola statua del folletto col cappello da giullare seduto sulla staccionata che guarda i passanti, dando le spalle al fiume, mentre qualche anziana signora col foulard in testa vende i propri ricami all’uncinetto nel via vai più o meno indifferente della gente. Arriviamo alla fermata della metropolitana, passiamo il solito tornello umano e ci dirigiamo, stanchi, verso l’ Haller Camping.


6 Giugno      Budapest


8 del mattino, sono già fuori sul prato, seduto al nostro tavolino mentre Fra ancora dorme dentro Ponyo. Abbiamo scelto la piazzola vicino ai bagni e a quest’ora c’è un continuo via vai di gente. Mattinata che scorre lenta qua al piccolo camping. Esco, dopo aver ritirato l’ennesimo bucato, per arrivare a piedi al vicino mini market, mini in tutti i sensi, e fare un pò di spesa. Poi, una volta rientrato, doccia, un veloce pranzo a base di pasta e, mentre siamo già fuori seduti al tavolino per fortuna coperti dalla tenda, comincia a piovere. Il tempo muta in continuazione da queste parti, stavolta non ci è andata bene come nei giorni scorsi. Smette abbastanza in fretta però, sono le 13 e finalmente usciamo incamminandoci in direzione della metropolitana, solito tornello umano e solito cambio linea alla stazione di Deak F Ter, dove stavolta prendiamo la linea 1 gialla, composta da piccoli vagoni color giallo appunto, e che, a differenza di una normale metropolitana, scorre appena sotto al livello della strada, tanto che il tunnel che percorre è in parte illuminato dalla luce esterna, non completamente buio. Scendiamo alla fermata Hosok Ter: un pallido sole sembra giocare a nascondino fra le nuvole, e a tratti esce ad illuminare il Monumento del Millenario, una sorta di colonnato a semi arco, arricchito dalle statue dei diversi imperatori che si sono susseguiti nei secoli. Al centro della ampia piazza c’è un alta colonna sormontata da una statua alata. Alle spalle, il Parco Municipale, con una bizzarra esposizione all’aperto di arte pop: una casetta semi affondata nelle acque del laghetto, delle auto e una panchina con lampione tutte al centro del lago stesso, come immobili a galla sulle acque. Ci sono anche diversi musei e una piccola chiesa, e palazzine molto belle da vedere esternamente. Le statue all’interno del parco si sprecano. Dopo averlo girato, ci incamminiamo cercando di tornare verso il centro; il temporale di qualche ora fa anzichè rinfrescare l’aria, ha contribuito ad aumentare l’afa. Camminare diventa quasi complicato, così approfittiamo della metropolitana per evitare un pò di strada ed arrivare in centro nel quartiere di Belvaros, il cuore di Pest. Qui tra l’altro c’è la Basilica di S. Stefano(donazione obbligatoria per entrare 250 fiorini o un euro): da fuori sembra una normale basilica come tante, con una grande cupola centrale; invece dentro rivela tutta la sua maestosità. Le tre navate, con muri di marmo rosso e soffitti ricchi di affreschi e decorazioni in oro, l’enorme cupola centrale anch’essa finemente decorata da affreschi, diverse statue e il grande altare con alle spalle un organo a canne. Tutto molto sfarzoso, un pò meno invece la cappella dove è conservata la mano destra mummificata del santo, venerata dagli ungheresi. Usciamo e ci dirigiamo a piedi verso il Parlamento: c’è una chiassosa manifestazione di non so chi, probabilmente lavoratori che sfilano ordinatamente coi loro fischietti in bocca e le bandiere azzurre. Comincia a piovere di nuovo, ci ripariamo in tempo sotto un porticato insieme ad altra gente. Piove sempre più forte, il cielo si fa buio, mentre qualche ragazza sfida l’acqua e si lancia a correre a piedi nudi sull’asfalto. Fra riesce perfino ad addormentarsi seduto su un gradino. Dopo quasi mezz’ora finalmente smette, anche se il cielo rimane minaccioso, e riprendiamo così il nostro camminare, passando dapprima per una piazza antistante il Parlamento, dove alcuni bambini si divertono a giocare passando fra i getti d’acqua che ad intervalli escono dal suolo verso l’alto, fino ad arrivare alla stele che ricorda il sacrificio dei soldati sovietici durante la Seconda Guerra Mondiale. Infine siamo sulla sponda del Danubio, da dove stavolta ammiriamo il panorama di Buda e del suo antico palazzo reale in cima alla collina. Ma oggi proprio non è giornata, ricomincia a piovere forte, non ci resta che ripararci mezzi fradici nel primo pub, un irish pub sotterraneo. E’ ormai sera quando usciamo, il cielo sembra finalmente dare tregua concedendoci due passi nella centrale Vaci Utca, una via pedonale piena di negozi alla moda e di souvenir, più cari qua che non a Buda, per poi finire nuovamente lungo Duna Korzo, a fare qualche foto mentre il sole tramonta dietro alle colline di Buda, fra le nuvole, creando dei giochi di luce riflessa sulle acque del Danubio, coi suoi barconi - ristorante ormeggiati, davvero suggestivi...


7 Giugno      Budapest


Oggi la metropolitana di Budapest sembra più affollata rispetto ai giorni scorsi. Stiamo andando a Buda, oltre il Danubio, a prendere il tram giallo numero 19. Siamo diretti al Memento Park. Il tempo non è bellissimo ma almeno non piove. Poche fermate di tram e dopo un pò di attesa alla fermata, saliamo sull’autobus 150, ci vogliono ben 22 fermate per la nostra. Infatti il vecchio autobus sembra quasi uscire dalla città per addentrarsi in una zona suburbana fatta di piccole e semplici casette di un piano, con alcune villette. Arriviamo alla nostra fermata, isolata, ai bordi della statale, tra gli alti cavi dell’alta tensione, in mezzo al nulla. Un muro di mattoni rossi a volta segna, dall’altra parte della strada, l’ingresso di quello che dovrebbe essere un parco contenente le statue e i busti dei personaggi politici comunisti che hanno segnato la storia di questo Paese. Di fronte all’ingresso, in mezzo ad una spianata di ghiaia, una colonna con in cima una statua fatta solo da un paio di stivali, tutto ciò che resta di quella che un tempo era la statua di Stalin, abbattuta durante la rivolta del ’56. All’ingresso invece, quasi a dare il benvenuto, le statue di Lenin da una parte e di Marx ed Engels insieme dall’altra. Facciamo il biglietto nella piccola cassa, dove sono in vendita tra l’altro vecchi cimeli, poster e magliette. Dentro pochi turisti, una stradina ghiaiosa con al centro dei fiori rossi che formano una grande stella, e tutto attorno le statue dei lavoratori eroici, alcune imponenti, e quelle dei protagonisti del socialismo ungherese, fra cui il suo maggiore esponente, Bèla Kun. Il luogo sembra un pò dismesso, ed è un peccato che sia abbandonato quasi ai bordi della città. Non richiede molto tempo per una visita, in tutto sono una quarantina di statue tra i piccoli e bassi muri di mattone, molti di personaggi locali a me sconosciuti. Riprendiamo l’autobus che in circa mezz’ora ci riporta in città, poi ancora il tram 19 per poche fermate fino al Ponte delle Catene. Saliamo anche oggi fin su alla collina fino al grande Palazzo Reale, stavolta salendo a piedi. In 10 minuti siamo in cima, è uscito anche il sole nel frattempo, e la sua luce mi fa apparire i cortili e le statue del Palazzo perfino più belli. Ci fermiamo a mangiare una scadente pizza e poi ci diamo un pò allo shopping fra i banchi del piccolo mercatino, e ancora tra i negozi di souvenir di Buda. Autobus 16, attraversiamo il Danubio, e siamo di nuovo a Pest. Il tempo ha retto, oggi niente pioggia, così, asciutti anche se un pò sudati vista l’afa, ci ritiriamo verso il camping, passando per l’ultima volta il tornello umano all’ingresso della metropolitana. Qui sotto in uno dei negozietti acquisto anche il quaderno che cercavo da giorni per proseguire a scrivere i miei appunti, visto che sono agli sgoccioli con le pagine. Ultima notte qui a Budapest, domani proseguiremo verso il Lago di Balaton.


8 Giugno      Budapest - Révfulop (Lago Balaton)


Il temporale di questa notte ha reso il sonno ancora più complicato quassù nella stretta sommità di Ponyo. L’Haller Camping si sta lentamente svuotando, non piove più ma il cielo resta coperto; per fortuna abbiamo smontato ieri sera il telo, così non ci resta che pagare le tre notti e, una volta sistemato Ponyo, prendiamo la strada che ci porta fuori città. L’autostrada a due corsie è semi vuota, a mano a mano che ci allontaniamo i cartelloni pubblicitari lasciano spazio alla verde pianura. Una breve pioggia, poi il nero ce lo lasciamo alle spalle per ritrovare finalmente il sole. Da Budapest al Lago Balaton non c’è molta strada, in un’ ora siamo già alla sua sommità orientale, ma stranamente il navigatore ci fa proseguire lungo la costa meridionale, mentre noi siamo diretti a nord, nel tratto di costa meno turistico. Ben presto ne capiamo il motivo: sulla Lonely non è segnato, ma evidentemente da poco, è stato creato un collegamento di traghetti dalla località di Szantodi-rev alla piccola penisola di Thiany a nord. Saliamo proprio mentre il traghetto sta salpando, con noi e altre due auto a bordo. Le acque del lago sono mosse dal forte vento. il traghetto balla un pò, ma in soli 5 minuti siamo sulla sponda opposta, quella settentrionale dove riprendiamo la strada provinciale. A lato della carreggiata, oltre la pista ciclabile, morbide colline ricoperte da alberi, con qualche piccola casa sparsa qua e là, in mezzo agli onnipresenti vigneti. I pochi paesini che incontriamo sono davvero piccoli. Arriviamo al Napfény Camping, nella località di Révfulop. Il camping è grande, così come grandi sono le piazzole erbose separate tra loro da basse siepi e da alti alberi, ogni corsia è contrassegnata dal cartello col disegno di un animale, noi scegliamo la n. 21, cicogna. Intorno solo roulotte e camper tedeschi, qualche olandese e qualche locale, ma quasi tutti con mezzi ultra moderni, come l’olandese che arriva parcheggiando  la sua grande roulotte comodamente azionando un telecomando. Di fronte a noi altri tedeschi hanno issato alla parabolica la bandiera del Norimberga calcio. Ma nonostante ci sia tanta gente, non si sente volare una mosca, sembra tutto estremamente tranquillo. I bagni sono puliti e spaziosi; di fronte, a pochi metri dalla nostra piazzola, la spiaggia erbosa che affaccia sul lago, dentro al quale qualcuno nuota mentre i più prendono il sole. All’interno della grande area ci sono anche un ristorante dalla grande tettoia e dalle panche in legno, un mini market, un paio di negozi di articoli da mare e perfino un parrucchiere, una sala massaggi e una per i tatoo! Senza ombra di dubbio il campeggio più grande ed efficiente di quelli visti fino ad oggi. Il silenzio è interrotto solo di rado dal passaggio del piccolo treno, locomotiva rossa e tre vagoni blu, che corre lungo i binari che costeggiano la strada provinciale, oltre che dal leggero venticello che fa muovere le foglie dei numerosi alberi. La zona mi piace, è tranquilla. Pranziamo al ristorante del campeggio, un pò di ozio e due passi fino alla vicina Révfulop, dove però non c’è nulla da vedere. Intorno alla zona invece qualche paese carino da visitare c’è, quindi con Ponyo percorriamo i 50 km che ci separano da Sumeg, uno di questi appunto, in direzione nord nell’entroterra rispetto al lago: colline, vigneti, e grandi alberi di ulivo e salice costeggiano la piccola strada. Sumeg è facilmente riconoscibile, dominata dall’alto di una piccola altura da un castello medioevale. Il paese è piccolo, qualche cottage e un paio di supermercati con qualche nogozio. Parcheggiamo Ponyo all’ombra, visto che ora, nonostante siano le 17, il sole ha preso decisamente il sopravvento tra le nuvole e si fa sentire forte. Tanto che decidiamo di evitare la salita a piedi fino al castello, ripida seppur breve, optando per un passaggio sul minivan 4x4 che per 700 fiorini compie il tragitto apposta per i pochi turisti. Su, in cima, non c’è quasi nessuno. Paghiamo i 500 fiorini per entrare e poi comincio a vagare alla ricerca di qualche scorcio camminando tra le pietrose vie a fianco alle alte mura antiche, ed entrando nelle poche stanze accessibili: infatti all’interno del cortile, purtroppo, ci sono in atto dei lavori di restauro, e tutto è trasformato in un cantiere all’aperto. Peccato perchè seppur piccolo il castello sembra proprio interessante. E’ accessibile giusto qualche umida e buia stanza contenente armature e vesti in vetrine impolverate, la piccola cappella e la torretta su cui sventola una sbiadita bandiera ungherese. I panorami dall’alto sulla vasta zona sottostante sono in compenso superlativi. Scendiamo, il sole sta cominciando a calare. Siamo ancora in tempo per una breve visita alla piccola chiesa Francescana in centro al paese, che a quest’ora sembra deserto. L’interno della chiesa,  merita la visita per i sui begli affreschi e il sontuoso altare in stile barocco. Proseguiamo a piedi anche fino alla non distante chiesa dell’Ascensione, ma ahimè il suo alto portone di legno è già chiuso. Torniamo al camper, e prima di riprendere la strada provinciale 84, facciamo un pò di spesa al supermercato Tesco, tra i cui scaffali c’è una discreta scelta di vini e salumi, prodotti tipici della zona; stasera ne proveremo un paio.


9 Giugno      Révfulop (Lago Balaton)


Piove a tratti e tira un forte vento questa mattina. Approfitto di qualche sosta della pioggia per fare di buona mattina due passi lungo la piccola spiaggia affacciata sul Lago Balaton, dentro alle cui acque una intrepida turista fa il bagno, insieme a tre papere; poco più in là un paio di pescatori gettano le loro lenze tra i canneti. Il vento è freddo, non c’è nessun altro in giro, e si sente solo il fruscio degli alberi mentre il cielo si tinge di strati di blu dalle tonalità diverse. Fra ha un lento risveglio, con il tempo così non c’è molto da fare, così, dopo una veloce doccia, passo la mattinata a trascrivere i miei appunti. E’ impressionante come, nonostante sia pieno di camper e roulotte, il camping sia così silenzioso, tedeschi e olandesi sono proprio molto discreti e riservati. Smette di piovere, ma per la prima volta in questo viaggio, fa proprio freddo, colpa di un vento costante che non accenna a smettere. Pranzo di nuovo al ristorante stile baita bavarese, serviti da una giovane e molto carina cameriera bruna. Con questo clima odierno ci sta proprio una calda e buona zuppa di gulash accompagnata da un bicchiere di ottimo Merlot locale. Mi rintano a scrivere nuovamente.

Sono quasi le 16 quando, una volta sveglio Fra, ripartiamo con Ponyo in direzione Tapolca, un altro dei piccoli paesi da vedere qua intorno. La strada cicostante è sempre un piacevole paesaggio da ammirare, e difatti è strano e inaspettato all’improvviso scorgere nel verde delle colline una manciata di palazzine che segnano l’arrivo a Tapolca. Si, Tapolca è decisamente più grande di Sumeg, anche se ugualmente silenziosa e abbastanza tranquilla: a parte la manciata di palazzine alla sua periferia, c’è un viale centrale con piccole case colorate ad un piano e qualche negozio. Fatichiamo un pò a trovare il piccolo laghetto attrattiva del luogo, ma alla fine, grazie anche all’indicazione di una mappa a pannello ai bordi di una strada, la troviamo: è appena alle spalle della chiesa dove parcheggiamo. Il laghetto è veramente piccolo, è più uno stagno, diviso in due da un ponticello al lato del quale c’è una grande ruota in legno di quello che una volta era un vecchio mulino ad acqua, oggi diventato un piccolo albergo. Le acque sono trasparenti e ricche di piante di alga e grosse carpe.  Qualche grande salice con le foglie che cadono sulle acque. Grazioso ma nulla di più, lo paragonerei ad un bel giardinetto. Prima di riprendere la strada per tornare a Révfulop e al camping, facciamo nuovamente una sosta in un supermercato della catena Tesco, come ieri, ma stavolta per fare acquisti di salumi e vini da portare in Italia. Anche questa giornata dal ritmo lento scorre via, dopo una pasta e due chiacchere, non mi resta che contemplare un pò il silenzio del lago di notte in completa solitudine...


10 Giugno      Révfulop (Lago Balaton)


Finalmente questa notte sono riuscito a dormire un pò di più: guardo dall’alto dell’oblò di Ponyo ma non riesco a capire che tempo ci sia fuori. Solo quando esco scopro che il sole c’è anche se gioca anche oggi a nascondino fra le nuvole, con il vento che soffia solo a tratti rispetto a ieri. Il fruscio delle foglie è il suono predominante qui al camping. Dopo il consueto lavaggio delle stoviglie usate per la colazione, e mentre Fra è intento a studiare i trucchi di due vecchi autobus austriaci riadattati a camper e da poco arrivati, mi dirigo a fare due passi verso la riva. E’ come sempre tranquillo qui, c’è solo una bimba coi suoi braccioli e il suo papà che, nonostante i pianti iniziali, riesce a farle vincere la paura dell’acqua.  E ci sono anche due grandi cigni che si avvicinano a riva. Entro anche io nelle acque del Balaton pur senza tuffarmici, per questioni di tempi di asciugo del costume e un pò per pigrizia. Insomma, con l’acqua alle ginocchia, come gli anziani al mare! Anzi no, qua qualche anziano ogni tanto si immerge, mentre io decido di starmene sulla panchina di legno a riva a prendere un pò di sole. Una piccola vacanza nella vacanza. Sono le 16, come ieri partiamo con Ponyo e percorriamo i pochi km che portano al minuscolo villaggio di Salfold, appena dopo un breve tratto di strada che sale tra boschi e vigneti. Salfold è completamente deserto e silenzioso: una piccola ed unica via con poche casette, che finisce ad una chiesetta con a fianco una fattoria, che da sola è grande come mezzo paese. Si sentono solo grilli e cinguettii di uccelli. Mi piace, offre interessanti spunti fotografici, grazie anche ai singolari tetti di alcuni cottage fatti con fasci interi di paglia, e alle abitazioni stesse, in calce bianca; sembra proprio un paesino fuori dal tempo, molto bello! Da qui a Kekkut ci sono un altro paio di km: anche Kekkut è piccolo, anche qui alcuni tetti in paglia, e tanti ceppi di lavanda ai bordi delle case, oltre ad un grande albero di ciliegio. L’unica differenza non da poco è che il paese è attraversato dalla strada provinciale, quindi rispetto a Selfold c’è più passaggio di auto, anche se poco oltre è di nuovo sterminata campagna e colline verdi. I ritmi da queste parti sembrano proprio lenti, come lento è il tramonto, l’ultimo che torniamo ad ammirare sul lago di Balaton, e che osservo dalla riva una volta rientrati al camping. La luce magica di questo momento riflette le ombre degli alberi nello specchio di acqua piatta, mentre alcune papere nuotano, e tutto attorno c’è silenzio. E’ l’ora dell’ultima cena al ristorante del Camping, e dell’ultimo brindisi con un bicchiere di Merlot locale a questa piacevole parentesi ungherese, l’ultima di questo viaggio in camper per l’Europa. Domani comincia il rientro verso la Slovenja.


11 Giugno      Révfulop (Lago Balaton) - Predjama


C’è un bel sole oggi, siamo partiti dal Napfemy Camping sul Balaton, che costeggiamo fino alla cittadina di Keszthely. Dobbiamo cambiare gli ultimi fiorini rimasti, la banca è chiusa, è sabato, ma per fortuna c’è un piccolo ufficio cambi lì nei pressi, così anche questa formalità è espletata. Da qui al confine, la statale 75 offre un panorama stupendo tra i leggeri sali e scendi delle colline e della sterminata campagna ungherese. Sono le 12.05 quando arriviamo alla frontiera: qualche tir, nessun tipo di controllo nè rallentamento, e in breve tempo siamo sull’autostrada slovena. E’ quella di oggi una lunga tappa di avvicinamento verso casa, mentre Fra è alla guida, mi godo un pò il panorama. Dopo il tratto di provinciale nella campagna ungherese, ora qua Ponyo può “tirare” e raggiungere le velocità da tir che gli competono. Oltrepassiamo il raccordo per Lubjana e usciamo a Postojna quando sono quasi le 16. Da qui la strada, già percorsa il primo giorno di questo viaggio, sale oltrepassando le famose grotte, fino ad arrivare pochi km più in su all’incantevole Castello di Predjama, incavato nella roccia. Il viaggio torna alle origini, siamo esattamente qua dove eravamo partiti. C’è qualche turista, un pulmino carico di giapponesi, ma non l’omino che vendeva le ciliegie, brutto segno. Sono infatti qui anche per fare scorta dello squisito miele aromatizzato comprato il primo giorno nel chioschetto a fianco all’entrata del castello, e malauguratamente infatti è chiuso! Che delusione, eppure è sabato come allora...Chiedo informazioni all’unico chiosco di souvenir aperto, riuscendo solo a farmi vendere del normale  miele nella bottega del castello, dove mi fanno entrare senza pagare il biglietto ma giusto per l’acquisto. Ci son rimasto proprio male. Riscendiamo lungo la strada, e prima di arrivare alle grotte, un cartello indica il Pivka Camping: svoltiamo e cominciamo a percorrere un tratto di strada in leggera salita fatto di continue curve nei boschi. Eccolo, alla fine della strada, il campeggio è infatti immerso nella boscaglia, tra alti alberi di abeti e pini, con tanta ombra! Rispetto a tutti gli altri campeggi è particolare, tutto in salita e con le piazzole ghiaiose nascoste tra gli alberi, in quello che è un vero bosco di montagna. Sistemiamo Ponyo. C’è perfino una piccola piscina, dei campi da tennis, un mini market poco fornito e il ristorante. Bella come sistemazione. Mi siedo sulla base di un tronco adattato a sedia per scrivere i miei appunti appoggiato su un altro tronco che funge da tavolo. Sono talmente in basso rispetto al piano di appoggio che mi sento un pò uno gnomo, arrivando ad appoggiare a stento i gomiti per scrivere, ma si sa, i boschi sono da sempre habitat di gnomi e fate. Anche se della fatina, ahimè, non c’è traccia. Ascolto nel mentre l’insistente concerto canoro degli uccellini, al fresco, nella totale tranquillità, anche se con un velo di tristezza, non certo per il miele ma per un viaggio che volge al suo termine. Per l’ultima cena è d’obbligo viziarsi un pò di più, così al ristorante ci abbuffiamo con un antipasto di crudo del Carso ed olive e una maxi grigliata mista per due, annaffiando il tutto con ottimo Merlot locale...


12 Giugno      Predjama - Milano


Colazione sul tavolo - tronco , baciato dal sole che filtra tra le foglie degli alberi. Ponyo è pronto per il ritorno, ho sistemato e chiuso per l’ultima volta la parte superiore che mi ha fatto da camera da letto per l’intero viaggio. Vado a pagare mentre Fra sistema le ultime cose ricontrollando anche il livello dell’olio motore. Facciamo un ultimo tentativo fino al castello per il miele, ma vano, anche oggi il piccolo chiosco è chiuso. Ne approfitto almeno per un paio di foto al castello con la luce del mattino che lo illumina. E di nuovo a bordo, giù fino a Postojna e da qui in autostrada, quando sono le 10.40. Poco più di 20 minuti e attraversiamo il confine italiano, niente più colline e verde che a poco a poco lascia spazio al cemento. Finisce così un viaggio particolare, diverso dal solito, che non mi ha fatto entrare in contatto con culture e mondi sconosciuti, ma che comunque mi ha fatto apprezzare la bellezza e la tranquillità di alcuni bei luoghi della nostra vecchia Europa. Torno giusto in tempo per andare a votare ai referendum, speriamo in bene. Fra meno di una settimana poi...sarò in Senegal, un nuovo viaggio in una parte di mondo a me ancora sconosciuta. Mi sembra ancora strano e lontano, nonostante il richiamo dell’Africa cominci a scaldarmi fin d’ora il cuore...